La psicologia della percezione in mostra a Padova

18 Febbraio 2022

La psicologia della percezione in mostra a Padova

 

 

 

A cura di Barbara Luciana Cenere

Arte e percezione, un dialogo tra discipline

Come funzionano i nostri processi percettivi e in che modo la nostra mente elabora gli stimoli visivi del mondo che ci circonda? Ad affiancare le opere che animano la mostra “L’Occhio in Gioco” a Palazzo del Monte di Pietà, spiccano le ricerche condotte nel campo della visione dalla scuola universitaria di psicologia. La sezione “Il Gruppo N e la psicologia della percezione” – curata dai docenti dell’Università di Padova: Guido Bartorelli, Andrea Bobbio, Giovanni Galfano e Massimo Grassi – facendo dialogare le operazioni artistiche del Gruppo N, formato da Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi e Manfredo Massironi, e di Marina Apollonio con le indagini scientifiche condotte dagli psicologi, restituisce al visitatore una panoramica interdisciplinare. Da una parte gli scienziati e dall’altra gli artisti i quali, pur facendo ricorso a metodi e obiettivi differenti, hanno indagato  spesso i medesimi fenomeni percettivi studiati dagli scienziati, conseguendo risultati di rilievo a livello internazionale.

Vaso di Rubin

“La più giovane scienza dello studio”

Sono proprio i suoni argentini prodotti dall’oscillazione dei tubi in alluminio dell’Ambiente S.C.S.C ad introdurre il visitatore nella parte dedicata alle ricerche in ambito psicologico. Queste si dipanano all’interno di quattro stanze, i cui approfondimenti offrono la possibilità di ripercorrere la storia e lo sviluppo della scuola percettologica patavina fondata dal triestino Vittorio Benussi. Egli, dopo essersi formato a Graz, approda a Padova, dando vita a quella che in un articolo dell’epoca definisce: “La più giovane scienza dello studio di Padova”. Proprio qui, infatti, nel 1919 fonda il primo Laboratorio di Psicologia sperimentale, ottenendo nel 1922 la cattedra, per chiara fama, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia. Benussi importa, dal milieu mitteleuropeo, metodi e teorie di ricerca innovativi per il contesto locale. Tra questi, oltre alla sperimentazione di laboratorio, la psicologia della forma – o psicologia della Gestalt – che, per molti anni, costituirà il riferimento più importante nelle ricerche di psicologia della percezione visiva. Tra gli assistenti selezionati da Benussi, va ricordato soprattutto Cesare Musatti che ne raccoglierà l’eredità nel 1927. Questi, a sua volta, è maestro di altre due figure di spicco, anch’esse triestine: Fabio Metelli e Gaetano Kanizsa.

Ritratto di Vittorio Benussi

Opacità e stereocinesi: da Metelli a Biasi, da Musatti a Apollonio

La prima sala è dedicata a Metelli che, pur spaziando in più ambiti della psicologia sperimentale e applicata, si dedicò in particolare ai fenomeni percettivi. Il suo risultato più importante fu di aver messo a punto un modello matematico in grado di prevedere le condizioni per cui, accostando superfici opache opportunamente strutturate, si manifesti ai nostri occhi l’impressione di trasparenza. In mostra il visitatore avrà la possibilità di vedere come i materiali sperimentali dello scienziato, possano essere posti a confronto con opere come Incrocio Circolare di Ennio Ludovico Chiggio, Amplesso di Alberto Biasi o Variante di Josef Albers. Qui è inoltre presente una copia della rivista “Scientific American”, risalente all’aprile del 1974, all’interno della quale spicca un articolo che consacra l’indagine sulle trasparenze fenomeniche nell’olimpo della ricerca scientifica internazionale.

Ciò che emerge, all’interno di questi spazi, è proprio la vicinanza e, spesso, il carattere intercambiabile e di contiguità che lega le sperimentazioni scientifiche a quelle artistiche. Successivamente si approda alla sala dedicata a Musatti il quale aveva approfondito, assieme al maestro Benussi, gli effetti stereocinetici. In questa particolare classe di illusioni, come si legge in catalogo, “osservando semplici configurazioni bidimensionali in movimento, quali dischi con cerchietti eccentrici o ellissi, si produce una sensazione di tridimensionalità molto nitida e quasi allucinatoria”. Il fenomeno viene esplicitato dalle configurazioni impiegate nelle ricerche di Benussi e Musatti il cui effetto è percepibile in modo chiarissimo anche nel movimento stereocinetico insito nelle Dinamiche Circolari della Apollonio, dove la messa in rotazione della figura piana permette al visitatore di percepire un senso di vertigine che si traduce nella messa a fuoco di oggetti tridimensionali.

Studio sulla trasparenza, antonio metELLI
Incrocio circolare, Ennio L. Chiggio

Le illusioni di Kanizsa e lo spirito del tempo

Vengono poi presi in esame gli studi di Gaetano Kanizsa, la cui notorietà è legata principalmente all’indagine sui margini quasi percettivi, che gli varranno anche la copertina di “Scientific American” nell’aprile 1976. Questo fenomeno viene esemplificato dal Triangolo di Kanizsa ovvero, come spiega il catalogo, “una illustrazione di come la visione sia un processo complesso e di come il nostro cervello sia capace di completare la percezione in assenza di informazioni fisiche”. In questa sezione sono presenti non solo gli antecedenti dei fenomeni studiati da Kanizsa ma anche le opere artistiche che hanno trattato il tema dei margini quasi percettivi. Tra queste Configurazione Kanizsa Homage e Quadrato a margini mobili di Chiggio e i Due Quadrati Virtuali di Edoardo Landi.

Il fatto estremamente intrigante che emerge nell’accostamento tra esiti artistici e scientifici è che, spesso, tra le due discipline non vi siano rapporti diretti. Ad esempio, nello stesso periodo in cui Benussi si interrogava sul fenomeno illusorio della stereocinesi, parallelamente Marcel Duchamp produceva i suoi dischi rotanti – meglio noti come Rotoreliefs – e contatti tra i due, perlomeno ad oggi, non sono noti, un po’ come se certi fenomeni, certe tendenze e certi studi fossero “nell’aria”, nello spirito di un certo periodo storico. Un caso particolare, e in un certo senso la figura di trait d’union tra i due mondi, è quella di Manfredo Massironi, il quinto componente del Gruppo N. Questi esordì come artista, giovanissimo e innovativo al pari di tutti gli altri, ma percorse anche la carriera accademica grazie ai suoi studi percettologici, divenendo infine ordinario di Psicologia generale presso l’Università di Verona.

Quadrati virtuali, Edoardo Landi
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